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Capitolo 3.6 A) La “composizione ondulatoria”:… (Parte prima).

Cap.3.6 A)    La “composizione ondulatoria”: dalle onde fotoniche alle onde galattiche. (Parte prima).

 

   §1. La “composizione ondulatoria”, ossia la coincidenza sferica tra onde di diverse sorgenti gravitazionali, è possibile solo perché la sorgente elementare (il fotone) è fonte di una propagazione eccentrica.

Si tratta di una straordinaria facoltà della propagazione gravitazionale, che sta da sempre sotto gli occhi di tutti nelle strutture naturali che ne sono l’effetto e della quale nessun fisico e nessun naturalista si sono finora accorti.

Abbiamo già osservato che, se le sorgenti elementari provocassero nell’etere propagazioni concentriche, come quelle presenti nell’immagine fisica tradizionale, tali ondulazioni potrebbero solo far intersecare le onde reciproche, ma non portarle a coincidere geometricamente nello spazio su tutta la loro superficie sferica. In ciò è la prova della “teleonomia”, ovvero del finalismo delle leggi gravitazionali.

Senza la composizione sferica non sarebbe possibile il progressivo ingrandimento e relativa intensificazione delle onde gravitazionali, da quelle fotoniche fino alle onde che convogliano le galassie.

Tuttavia, affinché tale fenomeno, da teoricamente possibile in sede geometrica, diventi diffusamente reale nelle manifestazioni gravitazionali, bisogna che le sorgenti gravitazionali abbiano posizioni spaziali di una sufficiente stabilità reciproca, ossia che le velocità relative tra le sorgenti interagenti non siano eccessivamente elevate: in caso diverso, il verificarsi del fenomeno, pur possibile, sarebbe troppo raro per produrre effetti significativi.

A conseguire tale condizione preliminare, provvede il meccanismo gravitazionale dell’orbitazione. L’orbitazione è il risultato normale dell’equilibrio dinamico tra attrazioni centripete e centrifughe dovuto all’effetto vortice della propagazione eccentrica.

    § 2. Precisiamo alcune proprietà generali delle onde gravitazionali, oltre a quanto già si è detto di esse in altre sezioni del nostro sito e in questa stessa, precedentemente.

La loro esistenza è provata da ciò che, molto impropriamente, potremmo definire il loro “calco fossile”, ossia dal loro effetto strutturante, impresso nelle forme naturali. Le onde della gamma elettromagnetica si manifestano non in sé, ma nel loro carico corpuscolare, che ne disegna il profilo negli strumenti di ricezione.

E’, a questo punto, di fondamentale importanza evitare la confusione con i concetti tradizionali che, appunto, le confondono con la loro fenomenologia strumentale. In questa, i termini di “lunghezza d’onda”, “riflessione”, “rifrazione”, “interferenza”, ecc. vanno riferiti all’unica nozione che la fisica ufficiale ne ha in maniera esclusivamente empirica, e che è la geometria della scansione dei flussi di corpuscoli convogliati dalle onde gravitazionali. Queste, in realtà, essendo – come più volte si è sottolineato – di natura intermateriale, una volta generate con i meccanismi che stiamo illustrando, sono assolutamente inalterabili: non subiscono, quindi, riflessione, rifrazione, interferenza in senso convenzionale, ecc., ma tali fenomeni attengono a onde che sembrano la prosecuzione di quelle di origine, mentre sono del tutto nuove, originandosi dalle interazioni corpuscolari che si producono via via nella materia coinvolta.

Esiste, così, una relazione, ma non identificazione, tra la “lunghezza d’onda” ufficiale e quella effettiva della propagazione gravitazionale, come meglio vedremo in seguito.

   § 3. Passiamo ora a mostrare analiticamente il processo geometrico-matematico e funzionale, attraverso il quale, per composizione sferica, le onde fotoniche si incrementano progressivamente fino a raggiungere estensione e intensità gravitazionali tali da diventare veicolo di galassie e ammassi di galassie.

Partiamo proprio dalla funzione veicolante della propagazione gravitazionale che si origina nel fotone. Riservando alla sez.6 la descrizione del meccanismo primitivo della gestazione delle onde, all’interno della struttura fotonica, iniziamo qui il discorso dal momento della emissione delle onde da parte del fotone.

Ciascun fotone emette con una precisa frequenza, onde sferiche che sono lunica via percorribile – attraverso archi e intersezioni – da ogni altro centro fotonico in direzione di quello emittente, con un moto vorticoso reciproco determinato dalla geometria eccentrica e spirale della successione delle onde prodotte da ogni particella elementare nell’etere.

Ma è proprio questa geometria particolarissima a conferire alla propagazione che si origina dal fotone la sua straordinaria, impensabile facoltà compositiva, della quale stiamo parlando e di cui affidiamo la verifica, tramite OLOPOIEMA, ai nostri lettori.

    § 4. Ipotizziamo due fotoni in mutua orbitazione, perché in equilibrio dinamico tra la reciproca attrazione e quella di tutti gli altri fotoni esterni al loro sistema binario.

Le due principali configurazioni ondulatorie dell’orbitazione tra particelle equintense come due fotoni  sono rappresentate nelle figg.10 e 11: di queste diamo subito il procedimento di costruzione, per evidenziare il fenomeno della “composizione”.

Diciamo preliminarmente che tutti gli assi – orizzontali e verticali – che compaiono sullo schermo hanno la sola funzione, incrociandosi, di localizzare i punti baricentrici delle propagazioni, le quali si sviluppano e sono visualizzate secondo la loro proiezione equatoriale.

   § 5. I lettori devono ora attivare nel menu GRAFICI di OLOPOIEMA il Sottoprogramma  COMPOSIZIONE. La finestra INSERIMENTO VALORI è divisa in due parti, contraddistinte da due diversi titoli: quella superiore riguarda la composizione tra due propagazioni eccentriche; la parte inferiore disegna la composizione tra una propagazione eccentrica e una concentrica (è impossibile, come sappiamo, ogni composizione tra due concentriche). Il deviatore W, del quale si dirà, appartiene a entrambe.

 

Nella parte EE (abbrev. di eccentrica-eccentrica; chiameremo l’altra EC) immettere i seguenti dati:

R0 = 10 (valore esemplificativo del raggio fotonico, corrispondente al diametro dell’onda emessa);

A = 51.827292 (angolo costruttivo, in gradi, della spirale della propagazione fotonica: ogni spirale logaritmica è determinata dall’angolo acuto base di un triangolo rettangolo inscritto nella spirale stessa; ad esso corrisponde matematicamente, in base all’equazione cosmologica, un particolare rapporto a’/a tra due sorgenti gravitazionali interagenti: l’interscambio tra i due valori è segnalato automaticamente nell’ultimo rettangolino della finestra, digitando il valore di a’/a nel primo rettangolo oppure di A nel secondo; per il fotone, A = arccosφ corrispondente ad a’/a = 0. Azzerare ogni altro valore. Implementare in basso l’opzione ANTIORARIO.

Fig.10

 Disponete ora l’asse verticale leggermente a sinistra della mediana dello schermo, l’asse orizzontale giusto a metà dello schermo. Cliccando più volte AVANTI si vedrà l’emissione e la successione delle onde rotanti intorno al centro di un fotone puntiforme. Accelerate il processo cliccando PLAY: la propagazione si fermerà dopo una rotazione di 360° e un nuovo asse baricentrico segnerà il centro dell’ultima onda (la più antica d’età, anche se disegnata per ultima).

Compare una nuova finestra, VISUALIZZA VALORI, nella quale vi si invita ad attribuire liberamente una distanza H4 a una seconda sorgente, che dovrà interagire con la prima, ponendosi nel tratto AC, raggio dell’ultima onda, tra il centro dell’onda e l’antipodo del fotone. In questa occasione vi suggeriamo noi il dato, ma vedrete in seguito  che la composizione avviene per qualsiasi distanza da voi decisa, entro quel limite puramente convenzionale inerente allo spazio disponibile sullo schermo. Iscrivete dunque per H4 nella finestra degli input il valore 144.05764, quasi pari ad AC (in questo modo collochiamo la seconda sorgente a una distanza diametrale dalla prima);

Fig.10 a)

 quindi cliccate alcuni passi di AVANTI, per vedere bene ciò che accade, e poi accelerate il processo con PLAY. (Lo scambio tra PLAY e AVANTI si può sempre fare per rallentare o accelerare qualsiasi procedimento.)

   N.B. I valori AC (distanza tra secondo e terzo asse) e UO (distanza tra i primi due assi) dovrebbero coincidere nel caso di due sorgenti fotoniche: la lieve differenza nasce qui dall’approssimazione del valore dell’angolo costruttivo.

Due propagazioni fotoniche si vanno incontro lungo un piano equatoriale comune: si vedranno le onde prima intersecarsi, passando per la situazione della fig.10 a), quindi portarsi a una completa coincidenza sferica (circolare nella proiezione sul piano dello schermo), rappresentata in fig.10 b). Il momento della composizione è segnato dalla comparsa di un nuovo asse baricentrico che taglia quello orizzontale nel centro dell’ “onda composta”.

Fig.10 b)

Dalle due sorgenti si originano due spirali di Archimede, che seguono lo spostamento in senso rotatorio antiorario dei punti di intensità gravitazionale di una terza propagazione, la “propagazione figlia”. Questa si manifesta con onde concentriche, che si espandono per incrementi eguali di superficie in tempi eguali, ossia con raggi proporzionali alle radici quadrate dei numeri interi (come nei cosiddetti “anelli di Newton” delle comuni frange di interferenza). L’impulso rotante antiorario delle onde “genitrici” imprime un moto spirale dei valori puntuali di intensità gravitazionale lungo la superficie in espansione delle onde concentriche “figlie”: il movimento si svolge per incrementi radiali proporzionali agli angoli di rotazione, quindi secondo una spirale di Archimede.

   In figg.10 a) e 10 b) le due propagazioni in composizione equatoriale sono polarizzate in parallelismo: entrambe sono antiorarie, ossia viste dal Nord del loro asse polare. Questo (da non confondere – come si è detto – con gli assi di incrocio dello schermo) è perpendicolare al piano dello schermo nel baricentro di ciascuna propagazione, rappresentato dal centro del fotone, intorno al quale ruotano propagandosi le onde. Il Nord di entrambi gli assi è al di sopra dello schermo; il Sud, sotto.

  § 6. Con lo stesso procedimento descritto nel paragrafo precedente per le figg.10 a) e 10 b) e coi medesimi valori di input, con la sola differenza dell’opzione ORARIO al posto dell’altra in basso nella finestra, si vedrà ripetersi il fenomeno della composizione nelle figg.11 a) e 11 b).

Fig.11 a)

 

Fig.11 b)

Nelle figg.11 le stesse due propagazioni fotoniche sono polarizzate in antiparallelismo: quella di sinistra è antioraria, quindi vista da Nord; l’altra è oraria, cioè vista da Sud. I due assi sono antiparalleli, a polarità invertita: l’asse di sinistra ha il Nord sopra lo schermo e il Sud sotto; al contrario, l’asse di destra.

L’espansione delle onde concentriche è ora guidata da due coppie di spirali di Archimede. I punti di intensità subiscono un impulso rotante in senso antiorario dalla prima sorgente e in senso orario dalla seconda: di qui il loro sdoppiamento a partire dalle due sorgenti e il loro percorso divaricato e controverso lungo due spirali antiorarie e due orarie.

   § 7. La situazione ondulatoria presentata nelle figure 10 e 11, per la quale onde di una propagazione vanno a coincidere sfericamente con onde dell’altra nello spazio che le separa, non è costante durante la rivoluzione orbitale reciproca mostrata in fig.12, dipendendo dalla distanza variabile tra le due particelle. Essa si ripete con un periodo diverso da quello della frequenza primitiva dell’emissione fotonica, dando origine a partire dall’onda di composizione a una “propagazione figlia” concentrica di frequenza differente rispetto a quella delle particelle genitrici.

Fig.12

La fisica corrente, quando parla del fotone, lo pensa esclusivamente in fuga nello spazio alla velocità di 300.000 km/s, che è quella della luce. Il che equivarrebbe a ritenere, considerando i fenomeni elettrici, che esistessero solo gli elettroni liberi, responsabili della corrente elettrica, e non anche quelli legati in sistemi normalmente stabili, come gli atomi. La fisica unigravitazionale afferma, invece, che il corpuscolo fotonico è universale e unico componente della materia e che, di conseguenza, lo si ritrova in tutte indistintamente le strutture e le manifestazioni naturali, vincolato in sistemi complessi oppure in fuga da essi negli eventi di destrutturazione e decadimento corpuscolare. Sarebbe interessante che i fisici ci facessero sapere, quando accendono un fiammifero, da dove schizzino fuori i fotoni emessi dalla fiammella, se non da strutture che già li contenevano, nel cuore degli atomi reagenti, in forma stabile benché invisibile.

Nell’orbitazione mutua tra due fotoni descritta in fig.12, essi si comportano esattamente come, a un livello estremamente più complesso, fanno due atomi di idrogeno nella molecola di orto-idrogeno (fig.10) e in quella di para-idrogeno (fig.11). Nel primo caso, i nuclei di idrogeno ruotano nello stesso senso e i loro assi hanno direzione parallela; nel secondo, ruotano in senso opposto e con gli assi in direzione antiparallela.

Questa stessa analisi ci mette in grado di capire la differenza tra l’interattività di un sistema che, con terminologia analoga alla precedente, chiameremo “orto-fotonico”, simile nell’infinitesimo a una calamita con forte polarizzazione parallela, e uno “para-fotonico”, a polarizzazione antiparallela e quindi interattivamente “neutra”: questo secondo non sarà altro che la soluzione di quel mistero naturale che la fisica chiama neutrino, specie in rapporto alla sua enorme capacità di penetrazione e attraversamento della materia. Ovviamente, la coppia orto-fotonica rappresenterà nient’altro che un isomero dell’usuale particella, cui si dà il generico nome di fotone. Differenti modi di aggregazione gravitazionale tra fotoni ci renderanno conto dei diversi tipi di neutrini e delle differenze di massa che si vanno scoprendo attualmente tra loro, essendo la cosiddetta “massa nulla” di fotoni e neutrini una delle tante idiozie teoriche della fisica contemporanea.

   § 8. In figg.10 b) e 11 b) le due propagazioni genitrici vengono bloccate dal programma nel momento della composizione, allo scopo di mettere bene in luce il fenomeno. In realtà, come sappiamo, esse escono dalla composizione depauperate solo di parte della loro intensità gravitazionale a favore della propagazione figlia, proseguendo poi nello spazio con geometria inalterata.

Si ripeta, infatti, il disegno di fig.10 b) e di fig.11 b) con gli stessi input, aggiungendo solo il valore 1 per il deviatore W, che serve a far proseguire nello spazio tutte e tre le propagazioni: le due genitrici fotoniche (che continuano in colore grigio) e la figlia concentrica: si avranno le figg. 13 e 14.

Fig.13

Fig,14

   § 9. Si apra ora la finestra VISUALIZZA VALORI, risalendo al suo inizio (fig.15). Quindi annotare i tre righi di valori che vengono dopo “Inserire…”. (I righi successivi riguardano i valori geometrici della concentrica figlia e ne parleremo a suo tempo.)

Fig.15

Con E3 e F3 indichiamo i valori convenzionali dell’intensità gravitazionale delle due sorgenti interagenti, nell’ordine in cui esse compaiono sullo schermo. Il programma stabilisce convenzionalmente la proporzionalità di tali valori col diametro dell’onda primitiva di ciascuna propagazione. Ribadiamo che si tratta di uno stratagemma puramente convenzionale, utile a dare evidenza geometrica e matematica ai risultati, ma senza effettiva corrispondenza in natura.

Chiamando D3 la somma E3 + F3, anticipiamo dal cap.3.12 le formule universali dettate dalla legge di “ripartizione gravitazionale”, per la redistribuzione dell’intensità dell’onda di composizione tra le propagazioni genitrici residuali e l’onda primitiva della propagazione figlia. I simboli presenti nella finestra sono i seguenti, oltre ai già indicati:

Res1 e Res2 sono l’intensità residua della prima e della seconda propagazione dopo la composizione; Figlia è l’intensità della neonata propagazione figlia; Quota è la quota eguale che ciascuna delle due propagazioni genitrici ha fornito alla figlia e pertanto è sempre pari a Figlia/2; Perc1 e Perc2 sono la percentuale di E3 e F3 in D3, che si conserva vettorialmente anche nella figlia, indipendentemente dalla parità della quota assoluta versata da ciascuna genitrice.

Saranno universalmente:

Res1 = E32 / D3

Res2 = F32 / D3

Figlia = 2 * E3 * F3 / D3

Quota = E3 * F3 / D3

Perc1 = 100 * E3 / D3

Perc2 = 100 * F3 / D3

   § 10. Queste formule dicono – con facile verifica di calcolo – che, nel caso dell’equintensità tra le due sorgenti genitrici – come qui tra due fotoni – ciascuna propagazione dà alla figlia la metà della propria intensità ed esce dalla composizione con la residua metà, mentre la figlia nasce con una propria intensità esattamente pari a quella originaria di ciascuna delle due genitrici.

Non è chi non veda che si prefigura fin d’adesso il fenomeno della meiosi cellulare (gametogenesi) e della ricomposizione del patrimonio genetico nello zigote, da cui ha origine la procreazione.

Diamo convenzionalmente il valore 10 all’intensità gravitazionale primitiva dell’onda fotonica, eguale in E3 e in F3, il cui rapporto reciproco è 1. Leggiamo. quindi, nella finestra i valori residuali pari a 5 delle due propagazioni originarie e della quota di contributo di ciascuna alla figlia, la cui intensità ritorna pari a 10. La percentuale di E3 e F3 in D3 è del 50%.

   § 11. Se il fenomeno della composizione ondulatoria si fermasse a questa situazione, si avrebbero nell’universo solo tre categorie di propagazioni gravitazionali:

–          propagazioni fotoniche pure (eccentriche), con onde di intensità pari a 10;

–          propagazioni fotoniche residuali (eccentriche), con onde di intensità pari a 5;

–          propagazioni composte (concentriche), con onde di intensità pari a 10.

Ciò comporterebbe, con tutta evidenza, l’impossibilità di qualsiasi incremento gravitazionale, poiché ogni ulteriore composizione tra propagazioni eccentriche darebbe al massimo nella figlia un valore di intensità pari a 10 e decrementi continui al di sotto di quel valore nelle propagazioni residuali. Lo stesso avverrebbe nelle composizioni tra eccentriche e concentriche, anche queste ultime aventi un valore comune pari a 10. Nell’universo, di conseguenza, nessuna onda di propagazione composta potrebbe avere un valore di intensità superiore a quella primitiva fotonica.

E invece interviene, come vedremo subito, uno straordinario meccanismo di accumulo, che porta l’intensità e la grandezza delle onde di composizione a crescere continuamente oltre i livelli fotonici, fino a raggiungere – come abbiamo più volte affermato – la potenza gravitazionale delle onde che convogliano galassie e ammassi di galassie.

 

 

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