Capitolo 1.10 Il nostro logo, detective di problemi insolubili…
a) VAN ALLEN E L’ENIGMA DELLA MISSIONE SU GIOVE DEL PIONEER 10.
Riportiamo alcuni passi di un’intervista rilasciata da Van Allen a Duilio Pallottelli e pubblicata su L’EUROPEO n. 51 del dicembre 1973:
“La sera di lunedì 3 dicembre il Pioneer 10, la piccola astronave lanciata dalla Nasa nel marzo del 1972 per l’esplorazione di Giove e per un viaggio che la porterà a perdersi nel cosmo, fuori dal sistema solare, ha raggiunto il punto cruciale della sua missione: a quota 131.400 chilometri dal gigantesco pianeta, il momento dell’incontro con Giove.
[…] Da quando si cominciò a parlare di un viaggio a Giove, molti anni fa, Van Allen fu l’animatore instancabile di decine di iniziative di importanza capitale per portare a termine l’impresa e suggerì accorgimenti tecnici preziosi per la costruzione del veicolo.
[…] “Tutto sbagliato”, borbotta James Van Allen, esaminando i primi dati del Pioneer 10 elaborati dal computer, “Tutte le teorie su Giove, comprese le mie sul campo magnetico, vanno riviste e corrette. E’ ancora troppo presto per fare il punto, per dire cosa esattamente abbiamo visto e scoperto lassù, ma è chiaro che Giove è molto diverso da come ce lo immaginavamo. In tutti i sensi. Io avevo costruito un modellino di Giove con disegnati attorno i limiti del campo magnetico come logicamente supponevo che fossero, e ora mi trovo davanti dei dati, delle cifre che mandano tutto in malora. D’altra parte non sarei sorpreso se fra una settimana, quando i risultati dell’impresa saranno valutati più a fondo, cambiasse ancora tutto e il mistero invece di chiarirsi s’infittisse più di prima. Questo è il dramma, il rischio, ma anche il fascino dell’esplorazione dello spazio. Per ogni risposta che si ottiene, saltano fuori altri mille interrogativi assolutamente impensati fino a un momento prima”.
Professor Van Allen, vorrei interromperla proprio a questo punto, prima di andare avanti col discorso sul Pioneer 10. Vorrei chiederle: che cos’è Giove?
Giove? E’ una cosa che certe volte ti fa andare in bestia. Come l’altra sera, quando il Pioneer, che in quel momento si trovava a circa sei milioni di chilometri dall’obiettivo (cioè dal punto dell’incontro), sembrò ad un tratto impazzito. Ci stavamo inoltrando sempre di più nel gigantesco campo magnetico del pianeta, quando improvvisamente gli strumenti cominciarono a segnalare il contrario. Era come se il veicolo avesse girato e stesse tornando indietro. Quando me lo comunicarono ero in albergo e pensai che mi stessero prendendo in giro. Pensai a uno scherzo insomma. Invece era vero, verissimo. Tutti i segnali che ci dicevano che stavamo penetrando nel campo magnetico erano spariti. […] come se l’astronave fosse retrocessa di qualche milione di chilometri.
Come spiega un fenomeno del genere? L’astronave non stava certamente tornando indietro.
No, ovviamente: il Pioneer stava continuando regolarmente la sua marcia. Era il campo magnetico di Giove che ci si stava rivelando del tutto diverso da come l’avevamo immaginato. Pensai che invece di essere una fascia circolare, come attorno alla Terra, l’area magnetica attorno a Giove fosse irregolare e che alcune delle sue lingue si spingessero a enormi distanze dalla superficie del pianeta. Insomma, una fascia magnetica con degli alti e bassi, per intenderci. Inoltre non era detto che queste lingue magnetiche fossero completamente fisse. C’era qualche sintomo di oscillazione a causa della fortissima velocità di rotazione del pianeta. C’era la possibilità che qualche altro fenomeno sconosciuto nell’atmosfera di Giove le facesse vibrare. Insomma ci sono almeno duecento modi per spiegare il fenomeno, in apparenza tutti validi, ma credo che alla fine dovremo avere il coraggio di concludere che ne sappiamo meno di prima. Insomma, se è un cerchio, si muove come un anello di “hula-hoop” attorno ai fianchi di una ragazza.
Lei diceva che poteva trattarsi di un fenomeno dovuto a una gran quantità di ragioni. Me ne può citare qualche altra?
Stavo dicendo che il primo dato sicuro, la prima scoperta che abbiamo fatto, è che il campo magnetico di Giove oltre ad essere completamente diverso da quello terrestre è anche molto lontano dal modello che avevamo immaginato.[…] Tutto sommato l’idea delle lingue che si propagano in maniera irregolare attorno a Giove potrebbe essere ancora valida anche se non tutti i miei colleghi sono d’accordo.[…] Per quanto riguarda il bilancio della missione le dirò solo questo. Tutti noi siamo impegnati come forsennati a ripensare tutte le teorie e tutte le idee che avevamo fino all’altro ieri. Lo dicevo prima: il mistero s’infittisce, le domande senza risposta si moltiplicano. […]”
A corredo dell’intervista il giornale pubblica una foto di Van Allen, quella che vedete sopra, in atteggiamento visibilmente problematico davanti al modellino del campo magnetico di Giove che egli si era costruito in base alla teoria tradizionale – come abbiamo letto nella stessa intervista – e che era stato completamente smentito dagli strumenti del Pioneer.
E’ uno degli innumerevoli esempi che si possono dare – e molti ne abbiamo già dati – di fenomeni assolutamente inspiegabili con l’ottica usuale. L’ultima domanda del giornalista, che vuole forzare Van Allen a fornire una qualche plausibile ragione dei dati incomprensibili registrati dal Pioneer, era fallita in partenza, avendo lo scienziato manifestato fin dall’inizio il suo totale sconcerto di fronte ai rilievi degli strumenti.
Toglieremo noi dall’imbarazzo Van Allen moltiplicando semplicemente per quattro (un numero esemplificativo) il nostro logo in fig.1, poiché un qualsiasi corpo – e ovviamente anche un corpo celeste – non è sede di una sola propagazione, ma di innumerevoli propagazioni gravitazionali: per noi è come dire unitariamente magneto-gravitazionali.
ASSI CARTESIANI. Il valore di a’/a espresso in calce si ottiene cliccando in corrispondenza ad A, nel secondo rigo. Cliccare PLAY.
Prodigiosamente tutti i problemi che angosciano Van Allen si risolvono in un istante. Immaginiamo di viaggiare sul Pioneer lungo uno degli assi della figura, da un margine di questa verso l’occhio di questo ciclone gravitazionale, cioè verso il centro di Giove e del suo campo magnetico. E’ evidente che la sonda, nell’attraversare una delle bande spirali del campo, registrerà un fortissimo magnetismo, ma poi, pur continuando ad avanzare in direzione di Giove, uscirà dalla fascia, inoltrandosi in un relativo vuoto magnetico e provocando un naturale, incredulo stupore in Van Allen e nei suoi colleghi.
E’ inutile sottolineare per l’intelligenza dei lettori che diventa chiarissimo anche tutto il resto: le “lingue” del campo di Van Allen – ovvero le bande spiraliformi – e il loro “vibrare” a mo’ di anelli di “hula-hoop”, trattandosi di un campo naturalmente ondulatorio, rotante e trasversale secondo la nostra fisica.
b) LA FAVOLA DELL’ORCO CHIAMATO “BUCO NERO”.
Abbiamo già dimostrato l’assurdità dell’idea di “collasso gravitazionale” e di “stella di neutroni” legata alla presunta natura delle “pulsar”: idea che si è estesa – come si è visto – alla fantomatica esistenza dei “buchi neri”.
Abbiamo anche detto che questi, ingoiando gravitazionalmente persino la loro luce, darebbero di sé solo dei segnali indiretti. Vediamo subito come nasce la favola di uno di questi presunti segni.
Dunque si sono osservate delle stelle che ruoterebbero intorno ad una invisibile compagna in tempi di rivoluzione orbitale così incredibilmente brevi, che la logica più elementare dovrebbe escludere trattarsi di sistemi binari. Ed ecco che l’astro invisibile, segnalato magari da opportune emissioni di raggi X, diventa l’orco cosmico che sta inghiottendo la malcapitata stella satellite, che gli ruota intorno ad una inimmaginabile velocità orbitale (M. J. Rees, LE SCIENZE n. 269, gennaio 1991, cerca stelle “in orbita stretta a velocità superiori a 10.000 chilometri al secondo”!). Diciamo “opportune emissioni di raggi X”, perché di tali emissioni è pieno l’universo, ma diventano un altro dei presunti segni indiretti di un “buco nero”, quando si associano ad altre anomalie che non si riesce a spiegare.
Il logo ci avverte invece che la “girandola” del campo magnetico che ruota solidalmente ad una sola normale stella, caratterizzata da un campo a “lingue” magnetiche come quelle del campo gioviano, ci sta semplicemente sventagliando con i suoi bracci a spirale. Il presunto periodo di rivoluzione di una stella intorno all’altra, invisibile, non è che l’intervallo tra il passaggio sulla nostra visuale di uno dei bracci luminosi e quello del braccio successivo.
c) FOLLIA TRA LE STELLE…
La soluzione precedente si estende, al di là dell’oceano di fandonie raccontateci sui buchi neri, in generale a tutte le altre storie relative a credute orbitazioni binarie dal periodo ultrabreve. Si arriva a leggere, sempre su LE SCIENZE (n. 32, aprile 1971: La natura dei pulsar, di J. P. Ostriker) che “il periodo minimo (per una coppia di stelle molto dense che ruotino praticamente sfiorandosi su un’orbita circolare)” è “di 1,7 secondi”! Come si vede, se non sono folli i cosmologi che ipotizzano cose del genere, non resta che pensare a un fenomeno di follia che imperversa tra le stelle stesse.
Sempre la stessa nostra spiegazione, offertaci dal logo, vale anche per i casi di variabilità stellare di breve o brevissimo periodo (“cefeidi”): variabilità luminosa che la cosmologia corrente ritiene assurdamente endogena agli oggetti osservati – stelle che si gonfiano e si sgonfiano! -, mentre attiene solo alla struttura del campo stellare fatto a bracci di spirale, che ruota con la stella. Nell’enciclopedia EST Mondadori, alla voce “Stelle variabili“, leggiamo che, secondo la teoria di Shapley e Eddington:
“le cefeidi sono soggette a concentrazioni ed espansioni successive secondo cicli regolari. Nella fase di espansione, la pressione all’interno delle stelle diminuisce, la temperatura si abbassa e le stelle diventano più rosse e più deboli. Dopo che è stato raggiunto il massimo diametro il processo s’inverte, la temperatura cresce e la stella diventa più blu e più brillante”.
Si pensi ora che la stella CY Aquarii ha un periodo di soli 89 minuti e si traggano le conclusioni giuste circa l’attribuzione della follia alle stelle o ai cosmologi.