La corsa di tanti scienziati per la riunificazione delle varie forze (gravità, elettromagnetismo, nucleare forte e debole) è giunta a termine grazie a Renato Palmieri. Nel presente sito è offerta gran parte dei suoi lavori, iniziati nel 1969, in cui dimostra che la gravitazione è l’unica forza agente nell’universo.
Riassunto della Fisica Unigravitazionale (a cura di Fulvio Cusani)
Inizio parlando della geometria del campo gravitazionale: esso è classicamente descritto come onde sferiche partenti da un punto centrale di emissione, sul modello delle onde sonore. In figura 1 ne abbiamo disegnati due: è geometricamente evidente che le onde dell’uno INTERSECANO, propagandosi, quelle dell’altro, ma non possono mai trovarsi a coincidere spazialmente, giacchè i centri dei due gruppi di onde sono diversi: la geometria del modello classico, è sterile, l’universo sarebbe in tal modo un intersecarsi di onde sferiche (Fig.2) che non permettono alcuna aggregazione della materia, viene a mancare il presupposto dell’orientamento ATTRATTIVO e CENTRIPETO della gravità.
Ecco invece in realtà la geometria del campo ondulatorio-gravitazionale di base (quello di ogni singolo fotone, che come vedremo è la più piccola particella materiale ed il “mattone” unico di cui è costituita la materia), illustrata nel suo sviluppo nella sequenza di Fig.3 (vista su un piano equatoriale) :
Le circonferenze rappresentano onde sferiche che non si espandono in modo simmetricamente concentrico, secondo la maniera istintiva di concepire un fenomeno ondulatorio, ma in modo ECCENTRICO, espandendosi e ruotando intorno al centro di “insufflazione” (le possiamo paragonare a delle bolle di sapone insufflate su un piano equatoriale da un foro laterale di una cannuccia ruotante su se stessa, cannuccia che corrisponde all’asse polare Nord-Sud del campo ondulatorio, che in queste figure è al centro della circonferenza rossa, ed appare come un punto poiché è perpendicolare alla immagine).
A questo punto, se disegniamo i campi ondulatori di due fotoni, vediamo come ad un certo momento, QUALSIASI SIA LA DISTANZA, le loro onde vanno a coincidere sfericamente, sia che ruotino nello stesso senso(figg. 4a e 4b), sia che ruotino in senso opposto (Fig. 5):
Fig.4a : le onde si avvicinano…
Fig. 4b: ….sino a coincidere sfericamente.
Figura 5 : la sorgente di sinistra ha senso antiorario, la destra senso orario.
La coincidenza sferica di onde di due sorgenti gravitazionali è detta COMPOSIZIONE ondulatoria, poiché porta alla formazione di una terza propagazione, di ampiezza frequenza e intensità diverse, detta PROPAGAZIONE FIGLIA, in questo caso di tipo CONCENTRICO, indipendente dalle due propagazioni genitrici, di ciascuna delle quali assorbe parte dell’impulso, secondo precise leggi di composizione che non stiamo ora ad approfondire, come appare chiaramente in figura 4b e in figura 5.
Se aggiungiamo i diametri delle circonferenze, notiamo che i loro estremi disegnano una SPIRALE LOGARITMICA (fig. 6), basata sulla SEZIONE AUREA ; si dà qui la ragione matematica di tutte le strutture legate alla sezione aurea, di cui la scienza ufficiale ignora qualsiasi motivazione, sapendo solo dire che sono molto frequenti in natura (in biologia molecolare, cristallografia, fillotassi,ecc.).
Fig.6: abbiamo aggiunto i diametri e la spirale logaritmica, in tratteggio.
La geometria eccentrica del campo gravitazionale di base e le sue successive composizioni ci permettono di spiegare eziologicamente TUTTE le forme dell’universo, governate da un’UNICA, semplice equazione.
Ma prima di continuare introduciamo il concetto di ETERE, fondamentale per comprendere i successivi approfondimenti, con due argomenti.
PRIMO ARGOMENTO:
alla luce del secondo principio della Dinamica, F = m×a (Forza = massa per accelerazione), analizziamo i risultati di due esperimenti:
Nel primo esperimento, un paracadutista si lancia da un aereo in caduta libera, ossia col paracadute chiuso; nel secondo esperimento, in un acceleratore di particelle accelero queste ultime nel vuoto grazie ad un campo elettromagnetico. I due esperimenti, il primo nell’aria, il secondo nel vuoto, danno risultati
perfettamente analoghi: il paracadutista (la massa m), attratto dalla forza di gravità (F), poiché cade nell’atmosfera, che resiste al moto, raggiunge una velocità massima costante mentre l’accelerazione si annulla (finchè non apre il paracadute). Le particelle nel vuoto si comportano esattamente come il paracadutista nell’aria: raggiunta una velocità limite (che per le particelle più piccole, i fotoni, è nel vuoto di circa 300.000 Km al secondo), l’accelerazione si annulla. Esiste quindi anche nel vuoto, un mezzo, l’ETERE, che oppone al moto dei corpi una resistenza analoga, anche se – come è ovvio- molto più debole, a quella che si manifesta in un mezzo materiale come l’aria dell’atmosfera: negando l’esistenza dell’etere nel secondo esperimento, è come se negassi l’esistenza dell’aria nel primo esperimento: allora per mantenere costante il prodotto m×a = F, devo ipotizzare (teoria della relatività) che la massa m del paracadutista aumenti, tendendo all’INFINITO, quando “a “ (l’accelerazione) si annulla! Parallelamente l’applicazione dell’”aumento relativistico di massa”, applicato al fotone, attribuisce a quest’ultimo una cosiddetta “massa di riposo”, pari a ZERO, per evitare di fargli acquistare una massa infinita alla propria velocità normale: sono puri artifizi matematici, come se, nella misura di una entità FISICA reale – sebbene piccolissima – lo zero contenga una minore difficoltà logica dell’infinito!
SECONDO ARGOMENTO (superamento del dualismo onda-corpuscolo):
Se gettiamo un sasso in un lago, osserviamo due fenomeni congiunti, la caduta del sasso e l’ondulazione causata da questo nell’acqua: l’onda perviene quindi alla barchetta di un bambino.
Altro evento, un vigile fischia per un’infrazione. I due fenomeni connessi sono ora la vibrazione metallica del fischietto e l’ondulazione sonora dell’aria: il trillo arriva ai timpani dell’automobilista. Fisicamente diciamo che gli eventi verificatisi hanno un duplice aspetto:
a) Corpuscolare (sasso o fischietto);
b) Ondulatorio (onda prodotta).
Supponiamo ora che io ignori la presenza dell’acqua o dell’aria, dovrò allora identificare le onde prodotte con il sasso o con il fischietto da cui si originano. Dirò pertanto che il lago è stato colpito dal sasso in aspetto corpuscolare, mentre la berchetta è stata raggiunta dal sasso in aspetto ondulatorio; dirò che le labbra stringono il fischietto in aspetto corpuscolare,invece il timpano è battuto dal fischietto in aspetto ondulatorio. Aggiungerò che ciascuno dei due aspetti esclude l’altro in una determinata esperienza in cui l’oggetto si manifesta: per il punto del lago colpito dal sasso, questo è corpuscolare e non può essere ondulatorio; viceversa, per la barchetta; per il timpano il fischietto è ondulatorio e non può essere corpuscolare; viceversa, per le labbra.
Sostituiamo ora al sasso o al fischietto delle particelle subatomiche, le quali, nel vuoto, in mancanza cioè di qualsiasi mezzo sensibile, si manifestano ora con aspetto corpuscolare, ora con aspetto ondulatorio.
Si ripresentano quindi identiche le due soluzioni del primo argomento:
Prima soluzione: l’aspetto ONDULATORIO è ATTINENTE AL MEZZO, cioè all’ETERE, e l’aspetto CORPUSCOLARE alla PARTICELLA IN SE’. L’ONDULAZIONE DELL’ETERE È INVISIBILE, O MEGLIO, NON È
PERCEPIBILE IN SÉ, MA PER LA MATERIA CHE NE È COINVOLTA: come se l’ondulazione del lago prodotta dal sasso fosse visibile solo grazie a piccolissime pietre pomici galleggianti, il cui oscillare progressivo disegna appunto il passare dell’onda. Esiste quindi un mezzo assoluto non materiale (l’etere) e pertanto non percepibile con strumenti materiali, ma la cui presenza si manifesta concretamente, fisicamente, in tutti i fenomeni dell’universo.
La seconda soluzione rifiuta la logica dell’etere, che coordina e risolve entrambi i problemi (moto rallentato delle particelle del primo argomento e dualismo ondulatorio-corpuscolare) e propugna l’idea del sasso o fischietto corpuscolare e del sasso o fischietto ondulatorio, aggiungendola a quella della massa che aumenta con la velocità e definendo questa confusione mentale “principio di indeterminazione”, che non è altro che un “principio di ammissione di ignoranza”.
Avendo parlato dell’etere possiamo ora approfondire la forma e la funzione delle onde gravitazionali : ogni onda è una sfera tangente al punto di emissione A (vedi fig. 7), contenente una seconda sfera non concentrica. Le due sfere delimitano così una intercapedine sferica di spessore massimo nel punto di insufflazione e di spessore minimo al suo antipodo, corrispondente all’estremo B del diametro dell’onda.
L’intercapedine sferica (indicata con α) è fisicamente una ZONA DI RAREFAZIONE DELL’ETERE, con effetto ATTRATTIVO-CENTRIPETO sulla materia circostante. E’ il motivo che rende le onde gravitazionali la “rete viaria” che i fotoni si lanciano reciprocamente, percorrendola lungo archi e intersezioni di onde prodotte dagli altri fotoni. Lo spessore dell’intercapedine corrisponde all’intensità gravitazionale che è quindi massima nel punto di insufflazione e minima nel suo antipodo, e va a diminuire a mano a mano che l’onda si propaga.
Quindi il campo ondulatorio si propaga seguendo la spirale logaritmica (fig. 8, freccia azzurra), ma l’effetto attrattivo segue la stessa spirale in senso opposto, CENTRIPETO (fig. 8, freccia gialla), con una geometria e leggi funzionali matematicamente determinate, delle quali troviamo continua verifica in tutti i fenomeni fisici.
Mi sono addentrato fin qui abbastanza nel particolare, perché era fondamentale spiegare l’importanza dell’etere per la comprensione dei fenomeni fisici, e per l’”apertura” , per così dire, che dà alla metafisica.
Possiamo ora spiegare perché l’UNICA FORZA che opera nel mondo fisico è la FORZA DI GRAVITA’, SOLO ATTRATTIVA (che abbiamo chiamato UNIGRAVITAZIONALE, poiché comprende in sé anche la forza elettromagnetica e le forze nucleari deboli e forti). In natura NON ESISTE REPULSIONE, ma solo ATTRAZIONE.
Rappresentiamo gli effetti della propagazione di tipo vorticoso-centripeta, con valenza esclusivamente attrattiva, con una similitudine:
Immaginiamo in uno stagno dei battelli di varia grandezza, forniti di un motore capace di provocare tutt’intorno un vortice proporzionale alla grandezza del battello stesso. Il motore non ha nessuna capacità propulsiva : ogni battello resterebbe sempre nello stesso punto dello stagno, se non fosse attirato dai vortici degli altri battelli verso i quali, risucchiato, si sposta. Più grande è il battello, maggiore è la forza con cui attira gli altri e minore l’accelerazione con cui procede verso gli altri mulinelli. Tre sono i possibili esiti:
1) Il battello finisce in fondo al vortice di un altro, (e questo reciprocamente del primo), formando un battello composto ed un nuovo vortice,somma dei due precedenti: questo esito si definisce “collisione”.
2) Il battello, pur inclinando verso i vortici vicini, non vi piomba dentro, ma curvando nei pressi di ciascun vortice se ne allontana, perché ATTRATTO dall’insieme di tutti gli altri vortici: si trova in moto di “fuga” (ma sarebbe più corretto dire “deviazione”) nei confronti dei vortici che non riescono a risucchiarlo definitivamente.
3) Il battello viene a trovarsi in condizioni di equilibrio dinamico tra l’attrazione di un vortice e quella dei vortici circonvicini, e si mette a girare con una certa stabilità intorno ad uno stesso vortice (anche ora il moto dei due battelli è reciproco), senza esserne risucchiato ma neppure riuscendo a sfuggire : è questa l’ ”orbitazione”.
In questa i battelli corrispondono ai corpi materiali, i vortici all’attrazione gravitazionale esercitata vicendevolmente dai corpi, lo stagno allo spazio cosmico. Fate bene attenzione agli effetti illustrati nei punti 1), 2) e 3). Constaterete che in essi si manifesta un’azione di un sol tipo, precisamente di tipo attrattivo. Al punto 2), che abbiamo definito di fuga, osserviamo che il battello, invece di protendere chiaramente verso uno dei vortici come fa in 1) e in 3), sembra fuggire da tutti, e siamo da questa apparenza indotti a credere che ora l’azione sia di tipo repulsivo, ossia che il battello venga “respinto” invece che attratto, come avviene realmente, dagli altri battelli.
E’ appunto l’errore in cui cadono i fisici, allorchè sostengono che la “forza elettrostatica” è non solo attrattiva ma anche repulsiva, inventandosi particelle positive e negative (e neutre). Infatti se avviciniamo due calamite in polarità opposte (+ e -), queste si attraggono; se le avviciniamo in polarità uguali, avviene un movimento a spirale, un CAPOVOLGIMENTO che le porta ancora una volta ad unirsi… E’ chiaro che campo gravitazionale e campo elettromagnetico sono la stessa cosa: il campo elettromagnetico non è altro che un campo gravitazionale ad alta polarizzazione, così come è polarizzata tutta la materia; dal fotone sino alle più grandi galassie, troviamo sempre un asse di rotazione ed un piano equatoriale. Ma il modello della fisica classica, ad onde concentriche ed isotropo (isotropo=che possiede le stesse qualità fisiche in tutte le direzioni dello spazio), esclude ipso facto la possibilità di polarizzazione, e lo sdoppiamento fuorviante di campo gravitazionale ed elettromagnetico. La gravità inoltre è considerata debolissima a livello nucleare, poiché è calcolata secondo la legge di Newton che ignora (oltre alla polarità) il parametro della DENSITA’ della materia, che a livello dei nuclei atomici è immensamente più alta della densità della materia misurabile nel macrocosmo. Infatti i due parametri densità e polarizzazione, introdotti da Renato Palmieri a completamento della formula di Newton, spazzano via anche le cosiddette forze nucleari ed unificano i campi di forze dal macrocosmo al microcosmo.
Voglio a questo punto riprendere un po’ il discorso sui fotoni: l’universo è costituito esclusivamente da una POLVERE di fotoni, cioè – potremmo dire, per la loro manifestazione sensibile – di LUCE. La fisica classica si immagina il fotone solo in velocissima corsa nello spazio: come se gli elettroni esistessero solo in corsa nella corrente elettrica, e non anche stabilmente orbitanti intorno ai nuclei atomici, come ben sappiamo. Ma quando accendiamo un cerino, da dove giungono i fotoni emessi se non dalla materia che li conteneva già? E’ ben noto che i fotoni sono il prodotto ultimo di tutte le trasformazioni atomiche e subatomiche, i “cocci” più piccoli di ogni scomposizione fisica: la materia è un concentrato di luce.
Faccio solo un accenno ad un’altra meravigliosa scoperta di Renato (ma ve ne sono ancora tante!): l’Equazione Cosmologica, espressa graficamente da un programma per computer denominato Olopòiema, che esprime il rapporto tra due sorgenti gravitazionali e può produrre, basandosi su questa unica equazione, tutte le forme dell’universo, che vanno dalle forme di φ (eccentriche a spirale logaritmica), alle forme di π (concentriche guidate dalla spirale di Archimede).
In questa sintesi ho esposto solo gli argomenti che reputo importanti per una prima introduzione alla Fisica Unigravtazionale, tralasciando le innumerevoli “letture” di una infinità di fenomeni fisici, astrofisici, biologici, geologici, ecc., che la scienza accademica non spiega o di cui dà interpretazioni erronee se non fantasiose, di cui il nostro buon Renato dà invece una spiegazione univoca ed esauriente.
Ma cos’è la fisica unigravitazionale? (di Corrado Valletta)
È la risposta al secolare sogno di una unificazione, di una Unità, alla base di tutti i fenomeni naturali, e la sua sintesi in una singola e universale legge matematica che li descriva in modo semplice e completo.
Azzardato, in passato, da molti celebri scienziati, questo sforzo di unificazione ha prodotto, sì, delle sintesi che hanno mostrato validità ed efficacia in determinati campi di applicazione, «ma ha portato contemporaneamente – come sostiene Piergiorgio Fusco, fisico delle particelle dell’Università di Bari – una complicazione e una moltiplicazione, quindi l’opposto di una unificazione, a livello “generale”. In questo contesto – continua P. Fusco –, con un atteggiamento che può apparire temerario, si inserisce l’impresa di Renato Palmieri, che non tenta di apportare delle correzioni al sistema scientifico attuale, ma propone di sostituirlo con un approccio completamente nuovo fin dalle fondamenta».
La gravitazione e le forze atomiche sono «in sostanza – spiega ancora Fusco – solo diverse manifestazioni, con diversa intensità, di una stessa forza, che può essere descritta matematicamente con una formulazione simile a quella della legge di Newton, ma più completa.
L’autore introduce una formula che contiene dei parametri che sono trascurabili nel macrocosmo, ma determinanti nel microcosmo e quindi, a seconda della loro modulazione, questa formula sarebbe in grado di applicarsi a tutti i fenomeni».
Con tale impianto, Renato Palmieri assicura, quindi, una direzione pratica alla metafisica e, al contempo, elargisce alla fisica contemporanea, quel risvolto filosofico per troppo tempo celato dal paradigma scientifico dominante, monopolio astruso di pochi “iniziati” e responsabile di orribili delitti contro l’umanità.
«Si formula – chiarisce Palmieri – un atto di accusa, nei confronti di dottrine fisico-cosmologiche, che da troppo tempo oscurano menti e coscienze, con fantasie teoriche di ogni genere, assunte nel senso comune a “dogmi” della scienza».
«In realtà – conclude il professor Palmieri – oltre un progresso tecnologico di mero carattere empirico, non esiste una sola prova di vera conoscenza scientifica nella generalità delle attuali concezioni sull’Universo. Ne deriva la necessità di un cambiamento radicale di paradigma, che ridia coerenza al pensiero umano, rimettendolo nel solco d’un moderno Rinascimento».
La “seconda rivoluzione copernicana” (che sottotitola i corsi sulla Fisica Unigravitazionale) auspicata da Palmieri è già avviata.
La gravitazione è polarizzata: pianeti, stelle, galassie hanno un asse di rotazione con due poli e una espansione equatoriale. La gravitazione newtoniana, invece, è isotropa: “ignora” la polarizzazione ed è quindi radicalmente sbagliata, rendendo impossibile ogni teoria unificatrice.
Tutta la fisica teorica moderna, da Newton ad oggi, ha di fatto un ruolo “tolemaico”, compresa la sua deformazione relativistica. Ad essa subentra per necessità storica la fisica unigravitazionale (polarizzata e anisotropa), come l’eliocentrismo di Copernico al geocentrismo di Tolomeo.